Responsabilità deontologica e diritto alla difesa: la registrazione senza consenso è lecita se finalizzata alla difesa.
- Monica Claudia
- 7 apr
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Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Ordinanza 5 marzo 2025 n. 5844.
FATTI
La dott.ssa Ca.Vi., medico in servizio presso l'UTIC dell'ASP di Enna, è stata sanzionata con la censura dall'Ordine dei Medici di Enna per violazione dell'art. 58 del Codice deontologico.
La violazione consisteva nell'aver registrato, senza autorizzazione, una conversazione con un collega (dott. Ba.Ca.) in ambiente e orario di lavoro.
La registrazione era stata effettuata per utilizzarla come prova in un procedimento penale contro il direttore della UOC (dott. Va.Ca.), da lei denunciato per abuso e omissione di atti d'ufficio.
Il collega registrato aveva segnalato all'Ordine la violazione del suo diritto alla riservatezza.
La dottoressa Ca. Vi. aveva pertanto presentato ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (CCEPS) .
CCEPS E CASSAZIONE
La CCEPS ha respinto il ricorso della dottoressa contro la sanzione dell’Ordine Professionale.
La dott.ssa ha successivamente presentato ricorso in Cassazione sulla base di due motivi:
Incompetenza dell'Ordine a sanzionare comportamenti tenuti nell'ambito del pubblico impiego;
Violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost., art. 51 c.p. e art. 24 D.Lgs. 196/2003).
La Corte di Cassazione si è espressa come segue:
Primo motivo rigettato: la Corte conferma che il potere disciplinare dell'Ordine si estende anche a comportamenti tenuti nell'ambito del pubblico impiego, quando attengono a violazioni deontologiche;
Secondo motivo accolto: la Cassazione ritiene che la CCEPS non abbia correttamente applicato il principio secondo cui la violazione del diritto alla riservatezza è scriminata quando avviene per esercitare il diritto di difesa.
La sentenza è stata cassata con rinvio alla CCEPS in diversa composizione.
PUNTI RILEVANTI DELLA SENTENZA:
POTERE DISCIPLINARE DEGLI ORDINI PROFESSIONALI
La Corte ha ribadito il principio, ormai consolidato, secondo il quale il potere disciplinare dell'Ordine non è limitato alla libera professione, ma si estende anche all'attività svolta nell'ambito del pubblico impiego, quando sono in gioco valori e principi deontologici della professione.
L'unico limite è che l'Ordine non può sindacare atti strettamente riconducibili all'attività amministrativa dell'ente pubblico.
BILANCIAMENTO DEI DIRITTI: RISERVATEZZA E DIFESA
Il punto più interessante della sentenza riguarda il bilanciamento tra due diritti fondamentali:
Il diritto alla riservatezza (del collega registrato);
Il diritto di difesa (della dottoressa incolpata).
La Cassazione accoglie un'interpretazione garantista del diritto di difesa, riconoscendo che:
L'art. 24 del Codice Privacy (vigente all'epoca) e l'art. 51 del Codice Penale scriminano la violazione del diritto alla riservatezza quando è finalizzata all'esercizio del diritto di difesa;
Tale scriminante opera anche quando:
Non c'è coincidenza soggettiva tra conversanti e parti processuali (il collega registrato non era parte del procedimento penale);
Il procedimento non è ancora formalmente instaurato (diritto alle indagini difensive).
La Commissione ha errato nel valutare il comportamento come "palesemente scorretto" senza considerare adeguatamente la finalità difensiva della condotta.
CONCLUSIONI
Le registrazioni di conversazioni con colleghi senza consenso possono essere legittime se finalizzate alla difesa in giudizio.
Gli organi disciplinari, nel valutare comportamenti apparentemente scorretti tra colleghi, devono considerare se tali comportamenti siano giustificati dall'esercizio di diritti costituzionalmente garantiti ( es. diritto di difesa).
Il diritto di difesa non è limitato alla sede processuale formale, ma si estende a tutte le attività dirette ad acquisire prove utilizzabili nel processo.
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