Responsabilità medica: l'incompletezza della cartella clinica non basta, ma non può favorire il medico negligente.
- Monica Claudia
- 2 apr
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Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Ordinanza del13 marzo 2025 n. 6645.
L’ordinanza n. 6645 del 2025 della Corte Suprema di Cassazione (Sezione Terza Civile) riguarda un caso di responsabilità medica ed è particolarmente rilevante in riferimento al ruolo e all’importanza della cartella clinica.
Fatti
Una paziente di 80 anni affetta da adenoma al retto è stata sottoposta a due interventi chirurgici nel settembre 2010 (il 16 e il 19).
La paziente è deceduta pochi giorni dopo il secondo intervento.
Gli eredi (figlio, nuora e nipoti) hanno citato in giudizio l'AUSL di Modena, attribuendo la morte a errori medici.
Iter processuale
Il Tribunale di Modena ha disposto una CTU che ha rilevato alcune mancanze nel primo intervento, ma ha concluso che l'evento morte non poteva addebitarsi ai medici.
La Corte d'Appello di Bologna ha confermato la decisione del Tribunale.
Gli eredi hanno presentato ricorso in Cassazione con sette motivi di censura.
Durante il procedimento si è rilevato che la cartella clinica e i referti operatori presentavano lacune documentali significative, in particolare:
Mancanza di annotazioni relative all'adozione di specifiche precauzioni durante il primo intervento;
Assenza di informazioni sulla Tac;
Incertezza sulla effettuazione di esami biotumorali del sangue che "avrebbero potuto fornire informazioni utili".
Decisione della Cassazione
La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando le decisioni di merito. In particolare in riferimento alla documentazione sanitaria ha stabilito che:
Le omissioni nella cartella clinica sono state correttamente valutate dai giudici di merito;
Non è stato dimostrato che le omissioni riscontrate avrebbero potuto, con un grado di probabilità sufficiente, evitare l'evento morte.
Il ruolo della cartella clinica: principi evidenziati nella sentenza della Suprema Corte
La Corte conferma che l'incompletezza della documentazione clinica va a sfavore di chi l'ha compilata (medici o struttura sanitaria). Questo è un principio consolidato nella giurisprudenza.
Tuttavia, la Cassazione chiarisce che l'incompletezza della cartella clinica:
Non costituisce una "prova legale" di responsabilità
Non è sufficiente da sola a fondare l'accoglimento della domanda risarcitoria
Può essere utilizzata a sfavore del medico solo se:
a) L'incompletezza ha reso impossibile accertare il nesso causale
b) Il professionista ha comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a causare il danno
Nel caso in esame, la Corte ha rilevato che:
L'incompletezza è stata effettivamente valutata a sfavore dei medici (il CTU ha dedotto dalla mancata menzione di alcune precauzioni nei referti che queste non erano state adottate);
Tuttavia, lo stesso CTU ha concluso che, anche se quelle precauzioni fossero state omesse, non si poteva affermare con sufficiente probabilità che avrebbero evitato l'evento dannoso.
CONCLUSIONI:
L’ordinanza chiarisce che l'incompletezza della cartella clinica non è un elemento decisivo automatico, ma va contestualizzata nella valutazione complessiva del nesso causale.
Il fatto che manchi documentazione di alcune precauzioni può far presumere che non siano state adottate, ma questo non implica automaticamente che tali omissioni abbiano causato il danno con il grado di probabilità richiesto ("più probabile che non").
Pertanto, da una parte, l'onere della corretta compilazione della documentazione sanitaria ricade sui professionisti, dall'altro, è necessario un rigoroso accertamento del nesso causale tra le omissioni documentali e il danno subito dal paziente per poter parlare di responsabilità.
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