Articolo di Commento: Consiglio di Stato, Sezione 7, Sentenza del 19 settembre 2024, n. 7658.
La sentenza del Consiglio di Stato n.7658 del 2024 ha ribadito che la riservatezza professionale è un valore intrinseco che va oltre il singolo paziente e tutela l'integrità del processo terapeutico.
Nel caso specifico, un genitore di un'alunna vittima di bullismo chiedeva di accedere a una relazione psicologica redatta dopo una serie di incontri con i compagni di classe. Il Consiglio di Stato ha respinto questa richiesta, sancendo che il segreto professionale non è una mera formalità ma una garanzia sostanziale della libertà professionale e scientifica.
La decisione amplia la concezione del segreto professionale: non si tratta più solo di proteggere il singolo assistito, ma di salvaguardare l'integrità del contesto terapeutico nel suo complesso. Gli ermellini hanno sottolineato che in casi come quelli che coinvolgono adolescenti, lo psicologo opera spesso con un gruppo ristretto, e la riservatezza diventa cruciale per mantenere la fiducia e l'efficacia dell'intervento.
Il Consiglio di Stato respinge l'idea che il consenso dei singoli componenti del gruppo possa scardinare l'obbligo di riservatezza. Anzi, sottolinea che in questi contesti la relazione terapeutica abbraccia l'intera "comunità di riferimento", rendendo il segreto professionale ancora più stringente.
La sentenza si inserisce in un solido orientamento giurisprudenziale che considera il segreto professionale non un mero ostacolo alla trasparenza, ma un presidio costituzionalmente garantito. Nella sentenza vi è un esplicito richiamo all’art. 33 della Costituzione, che tutela la libertà scientifica, e gli articoli del codice penale che sanzionano la violazione del segreto professionale.
Inoltre viene ribadito e confermato che certi documenti, ossia quelli redatti dai professionisti in consulenze con la Pubblica Amministrazione, godono di una tutela qualificata, che prevale sul principio di accessibilità degli atti.
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